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Vincenzo Donatiello racconta la sua storia

Vincenzo Donatiello racconta la sua storia
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Le mode culinarie si susseguono in modo repentino concentrando l’attenzione sul mondo degli chef e dimenticando il teatro del ristorante: la sala.  Questa intervista, condotta dalla redazione di Typigo, consente di approfondire il tema del servizio in sala con uno dei migliori personaggi di questo settore, Vincenzo Donatiello: un uomo del Sud, lucano di Lavello, sommelier con tanta gavetta e dal 2013 nel tre stelle Michelin Piazza Duomo dello chef Enrico Crippa come manager e capo sommelier. Il suo impegno e la sua dedizione è stata riconosciuta da molteplici premi: nel 2004 Miglior Sommelier Junior d’Italia, nel 2010 Miglior Sommelier della Romagna, nel 2013 Personaggio dell’anno secondo la rivista Italia a Tavola, Miglior Direttore di Sala dalla Guida Alberghi e Ristoranti del Touring Club e in tempi recenti Maître dell’anno 2018 per la Guida ristoranti de L’Espresso.

Seguiteci.

Lei è uno dei migliori direttori di sala nel 16esimo ristorante migliore al mondo secondo la 50 Best, quale percorso consiglia di intraprendere ad un giovane Lucano che vuole ripercorrere la sua strada?

Sicuramente consiglio la costruzione di una base che può essere quella di un istituto alberghiero o corsi alternativi se si è già affrontato un altro percorso di studio e a questo proposito penso ai corsi di NoidiSala, di Alma, della scuola Intrecci. Un aspetto da non sottovalutare è la volontà di continuo studio, applicazione, viaggi alla scoperta di vini e realtà gastronomiche: bisogna sempre stare al passo con i tempi.

Sono molti i giovani attratti dalla figura dello chef star. È difficile trovare personale di sala o qualcosa sta cambiando?

Fortunatamente qualcosa sta cambiando, anche se molto lentamente. Il nostro è un lavoro particolare che richiede molti sacrifici ma al tempo  stesso è foriero di soddisfazioni e momenti  di adrenalina pura.

Quale evoluzione c’è stata nel modo di concepire la ristorazione in Basilicata in questi ultimi 25 anni?

In Basilicata si vede uno spiraglio che va oltre la tradizione. Con questo non voglio dire che non bisogna guardarsi indietro ma realtà come Dimora Ulmo a Matera, la stella del compianto Frank Rizzuti, la voglia di costruire oltre la tradizione di Savino Di Noia a Lavello dimostrano che si può fare qualcosa di più restando fedeli ed ancorati alle proprie origini.

Cosa pensa dei prodotti Lucani? Quale ama particolarmente? C’è un prodotto, magari poco noto ai più, che vuole consigliarci?

Credo che in Basilicata abbiamo una ricchezza infinita di prodotti agroalimentari e scegliere diventa difficile: dal peperone crusco di Senise alle fave di Lavello, la grande tradizione della pasta fatta in casa, il caciocavallo e i pecorini, il gusto delle carni ovine, l’Aglianico del Vulture…scegliere è impossibile.

La fuga dei talenti dalla Basilicata, ma da tutto il sud…che ne pensa in merito e quali potrebbero essere le contromisure?

Le contromisure devono partire dal territorio e dalle istituzioni: purtroppo in passato si è fatto largo uso degli ammortizzatori sociali e oggi paghiamo questa situazione. Penso che bisogna partire da una riqualificazione dei territori, investire sui giovani e sui settori terziari, allo stesso tempo bisogna far capire alle popolazioni che non si può “vivere” solo di aiuti statali, ho visto numerose situazioni a riguardo e sono quelle che mi hanno spinto ad andare via.

Il primo ricordo legato al cibo.

Le verdure dell’orto di nonna Maria. In estate ero solito andare con lei in campagna e mi ritengo fortunato ad aver avuto la possibilità di incontrare sin da piccolo il gusto vero di tantissimi prodotti vegetali.

Quanto è importante la sinergia tra sala e cucina?

È fondamentale: la cucina crea e prepara ma la sala è il contatto diretto con il cliente, il termometro della situazione. Se le due realtà non viaggiano nella stessa direzione non si ottengono risultati lusinghieri.

C’è un episodio del servizio che ricorda con piacere?

Ho un ricordo legato a un cliente statunitense molto difficile, diffidente e che chiedeva di parlare e confrontarsi esclusivamente con me al ristorante. Nel giro di pochi mesi è tornato a trovarci una decina di volte e grazie al lavoro svolto dalla brigata, lo abbiamo conquistato e quasi piangeva l’ultima volta che è tornato a trovarci.

C’è un tratto caratteristico della gente Lucana che porta con sé nonostante la distanza?

La perseveranza, siamo delle teste dure e non ci spaventa nulla nel percorso verso un obiettivo prefissato!

Vorremmo chiudere questa intervista con la poesia di Leonardo Sinisgalli:  “Girano tanti lucani per il mondo, ma nessuno li vede, non sono esibizionisti. Il lucano, più di ogni altro popolo, vive bene all’ombra. (…)  Quando cammina preferisce togliersi le scarpe, andare a piedi nudi. Quando lavora non parla, non canta. Non si capisce dove mai abbia attinto tanta pazienza, tanta sopportazione”. 

Piazza Duomo. Piazza Risorgimento, 4 (angolo Vicolo dell’Arco). Alba (Cn). Tel. +39 0173 366167

[Immagini: Marco Varoli, Unsocials, Marco Gualazzini]

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